Scoperta su un ittiosauro “italiano” la prima pinna dorsale di un rettile
La provincia di Varese era già balzata agli onori delle cronache paleontologiche nel 2018 quando fu presentata la ricerca che identificava i fossili ritrovati nel 1996 come il più antico dei predatori giganti, il Saltriovenator zanellai.
Le recenti analisi cui è stato sottoposto un fossile conservato da anni presso il Museo di Storia Naturale di Milano rinvenuto nel giacimento di Besano-Monte San Giorgio fra Varese e il Canton Ticino (sito UNESCO) ha portato a un’altra importante scoperta, anche in questo caso una prima volta sebbene riferita a una creatura già nota.
Di resti dell’ittiosauro Mixosaurus cornalianus ne erano già stati trovati a decine, nello stesso giacimento, ma in questo caso si è verificata una rara eventualità: il rinvenimento di un fossile che preserva non solo le ossa ma anche i tessuti molli. Questa era la peculiarità per cui, fra i non molti dinosauri italiani mai rinvenuti, divenne famoso lo Scipionyx samniticus scoperto in una cava nel beneventano e ribattezzato “Ciro”.
Lo stato di conservazione è eccezionale
Stavolta sono state ritrovate, insieme alla colonna vertebrale, anche le pinne del mixosauro. Trattandosi di tessuto cartilagineo e non osseo, non si era preservato in nessuno degli altri esemplari noti. Ma mentre l’esistenza di una pinna caudale era attesa, la pinna dorsale rappresenta su questa creatura una vera sorpresa, poiché anticipa di 50 milioni di anni la sua comparsa su qualsiasi rettile.
Il fossile risale a 240 milioni di anni fa, durante il Triassico Medio. Gli ittiosauri si erano perciò ben adattati all’ambiente acquatico ben prima dell’arrivo dei dinosauri, nel Triassico Superiore.
I tessuti sono talmente ben preservati che l’analisi al microscopio evidenzia non solo gli strati di derma ed epidermide (e questo ci rivela che il mixosauro era un rettile dalla pelle liscia e priva di squame) ma anche le singole fibre di collagene che rinforzavano e sostenevano le pinne.
Il pasto del secondo mixosauro
Ma una scoperta di grande interesse arriva anche da un altro esemplare ritrovato proprio accanto al primo: in questo caso a essersi conservati in maniera straordinaria sono un tratto dell’intestino e dello stomaco, con tanto di resti delle ultime prede ingurgitate, le parti più resistenti di pesci e calamari, scaglie e uncini, che suggeriscono il mixosauro dovesse aver già all’epoca conseguito una grande agilità per potersi cibare di prede così veloci e sfuggenti.
Questo ittiosauro si era evoluto da creature terrestri simili a lucertole: le zampe furono convertite al nuoto e la scoperta della pinna dorsale indica che l’adattamento al nuovo ambiente sia avvenuto in modo molto più rapido di quanto finora ritenuto.
La ricerca è stata pubblicata sulla rivista APP (Acta Paleontologica Polonica) a firma di Silvio Renesto, Cristiano Dal Sasso, Fabio Fogliazza e Cinzia Ragni.
Di Corrado Festa Bianchet