Un’accetta ricavata da un osso d’ippopotamo risalente a 1,4 milioni d’anni fa
In archeologia viene definita amigdala una roccia generalmente a forma di mandorla e dotata di due lati taglienti usata come strumento dai nostri lontani antenati; ne sono stati reperiti esemplari in sedimenti di uno o due milioni di anni fa, ma quello rivenuto nella Formazione Konso (sito di Konso-Gardula) in Etiopia è solo il secondo strumento di questo tipo (e uno dei pochissimi attrezzi in assoluto) ricavato dalla lavorazione di un osso invece che della pietra e risalente a oltre un milione di anni fa.
L’importante sito paleontologico di Konso-Gardula fu scoperto solo nel 1991
In base ai reperti fossili della zona, l’autore di questo per l’epoca elegante ed efficace accessorio era un Homo erectus, nostro progenitore che ben prima dell’Homo sapiens si era spinto nelle sue migrazioni dall’Africa verso l’Europa e l’Asia.
La pregevole fattura di quest’amigdala lunga 13 centimetri rivela l’abilità del suo creatore, una padronanza delle tecniche lavorative che implicano ridurre alla forma voluta il materiale di base, rimuovendone una scheggia alla volta. È questo compito è ancor più difficile se si sta manipolando un osso invece di una pietra.
La consapevolezza del tempo che scorre
L’affinamento di una simile tecnica richiede inoltre il processo mentale della pianificazione, tutt’altro che scontato, e la difficoltà nel trovare un osso grande abbastanza per essere adatto allo scopo: l’unico altro esemplare noto fu ricavato da un elefante vissuto in Tanzania fra 1,3 e 1,6 milioni di anni fa.
Non è chiaro perché gli ominidi autori di questi manufatti possano aver preferito un osso a una pietra. Fra le ipotesi, una temporanea difficoltà nell’accedere ai depositi di pietre adatte allo scopo per via di eruzioni vulcaniche o cambiamenti climatici che resero l’ambiente in cui vivevano ricco di vegetazione e di acquitrini, oppure questo specifico ominide usò il femore di un ippopotamo semplicemente perché se lo trovò a disposizione.
Sia l’Homo erectus che l’Homo abilis avevano comunque dimostrato una competenza notevole nella scelta dei materiali e nell’ottenere strumenti durevoli e affilati, come questa amigdala con due lati taglienti da cinque centimetri ciascuno.
Un accessorio utile, affidabile e maneggevole
L’analisi al microscopio dell’usura dello strumento rivela che probabilmente esso veniva usato per la macellazione della carne e che uno dei due lati è un po’ più consumato dell’altro, forse esso stesso legato alla modalità di utilizzo oppure all’uso della mano dominante del singolo individuo.
Di certo quella zona, il sud-est africano, e quel tempo segnarono progressi importanti dal punto di vista della tecnologia litica. La ricerca, guidata da Katsuhiro Sano dell’Università di Tohoku (Giappone) è stata pubblicata su PNAS Il 13 luglio 2020.
Di Corrado Festa Bianchet