Tikal, oggi, è uno dei più grandi siti archeologici, nonché uno dei più grandi centri militari, economici e politici di una delle più note civiltà precolombiane, i Maya.
La metropoli fu abitata dal VI secolo avanti Cristo al X secolo dopo Cristo e, nel periodo del suo massimo splendore, aveva una popolazione di 90mila persone.
Perché allora, dall’oggi al domani, Tikal venne abbandonata? La risposta sarebbe da cercare…nell’acqua.
Bacini idrici avvelenati a Tikal: sono stati la vera causa dell’abbandono della città?
La conversione dei due bacini idrici centrali di Tikal da luoghi di sostegno per la vita umana e l’agricoltura a bombe ad orologeria che provocavano malattie e morte, sarebbe la causa che spinse i Maya, sia per motivi pratici che per motivi simbolici, ad abbandonare questa splendida città.
Gli archeologi e gli antropologi, durante gli scavi, hanno scoperto che i terreni intorno a Tikal, in particolare durante il IX secolo dopo Cristo, erano molto fertili per via delle frequenti eruzioni vulcaniche, che avevano arricchito la terra della penisola dello Yucatan.
Per contro però, analizzando i campioni provenienti da dieci bacini idrici diversi, i ricercatori hanno trovato anche livelli molto alti di sostanze tossiche, come il mercurio.
I due bacini idrici più velenosi sono stati scoperti nel tempio e nel palazzo reale.
Perché però le fonti idriche, da fonte di vita, diventarono nel giro di poco più di cento anni delle potenziali serial killer?
La ragione, manco a dirlo, sarebbe da cercare ancora una volta nell’attività umana.
I Maya infatti, per decorare i loro edifici, le loro argille e altri beni, usavano un pigmento a base di mercurio, questo per far sì che i loro disegni durassero più a lungo nel tempo.
Fatto sta che, durante i temporali, il mercurio presente nel pigmento è penetrato nei bacini idrici e, con il passare degli anni, ha formato strati su strati di sedimenti velenosi.
Gli ex abitanti della città, d’altra parte, avevano acqua potabile in abbondanza nei bacini idrici vicini, che erano rimasti incontaminati.
Tuttavia uno degli ultimi sovrani di Tikal, Sole Nero, pare che abbia sofferto di una sindrome metabolica correlata all’avvelenamento cronico da mercurio. E l’obesità era uno degli effetti collaterali della sindrome.
Il consumo di quest’acqua inquinata, rinvenuta nei bacini del tempio e del palazzo reale, in particolare durante i periodi di siccità, avrebbe fatto ammalare le persone.
E questo anche se i Maya, già allora, prima di berla la bollivano per eliminare i batteri. Peccato che, questo sistema, si rivelò alquanto inutile per combattere i cianobatteri.
I ricercatori infatti, nei due bacini idrici in questione, hanno trovato due tipi di alghe verdi-blu, che producono sostanze tossiche.
L’aspetto negativo di queste alghe è che sono resistenti all’ebollizione. E la loro presenza rese l’acqua dei due bacini non solo inquinata, ma anche tossica da bere.
Gli stessi sedimenti inquinati però non sono stati trovati nei bacini di Perdido e di Corriental, che erano più distanti e che, con ogni probabilità, fornivano acqua potabile ai residenti della città durante il IX secolo.
Tikal, non solo acqua inquinata: ecco perché i Maya la lasciarono
L’acqua inquinata non sarebbe stata l’unico motivo dell’abbandono di Tikal: sembra infatti che, a spingere i Maya a lasciare la città, sia stata (come nel caso di altre città antiche) una combinazione di fattori economici, politici e sociali.
Anche il clima avrebbe giocato un ruolo importante (e forse dato anche il colpo di grazia).
Tikal infatti aveva una stagione secca molto prolungata e, se è vero che per parte dell’anno era piovosa e umida, nei mesi restanti il clima era molto secco e non pioveva quasi mai.
Naturale quindi che, i suoi abitanti, si trovarono ben presto ad avere problemi con l’approvvigionamento di acqua.
Uno dei pigmenti più popolari del tempo, e che veniva usato dai Maya in quantità industriali, era il cinabro, un minerale di colore rosso composto da solfuro di mercurio, che veniva estratto da una formazione vulcanica nota come Todos Santos e adoperato per decorare le pareti in gesso e le sepolture cerimoniali.
I ricercatori però hanno escluso presto i vulcani dalla lista dei colpevoli, perché in caso contrario tutti i bacini idrici che si trovavano nelle vicinanze, e dove era caduta la cenere vulcanica, sarebbero stati inquinati.
Invece la colpa, come abbiamo visto, era proprio dei Maya. Ciò significa che, il mercurio presente nei bacini idrici del tempio e del palazzo reale, aveva origini antropogeniche.
Con il suo colore rosso vivo, il cinabro era comunemente usato come vernice, o pigmento, in tutta l’America Centrale all’epoca.
A ciò si aggiunge il fatto che, per i Maya, il colore era molto importante e veniva anche usato in quantità abbondanti nei loro murales.
Spesso e volentieri, nelle sepolture, lo combinavano con l’ossido di ferro per ottenere diverse sfumature.
Gli archeologi sono anche riusciti a trovare un’impronta minerale che mostra, oltre ogni ragionevole dubbio, che il mercurio presente nei due bacini idrici, e che ha spinto le persone ad abbandonare la città, proveniva proprio dal cinabro.
Un noto proverbio dice “Chi vuol apparire, un poco deve soffrire”, ma nel caso dei Maya la troppa bellezza causò uno dei primi disastri ecologici (e umani) che la storia ricordi.
Di Francesca Orelli
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