Il cambiamento climatico, complice anche la sensibilizzazione avviata dalla giovane attivista svedese Greta Thunberg nell’agosto del 2018, sembra essere un problema recente e su cui ci siamo dovuti inchinare dopo pochi decenni di inquinamento e di surriscaldamento globale.
In realtà il problema è molto più antico di quello che si pensi, perché il cambiamento climatico, nei fatti, cominciò ben 250 milioni di anni fa, più precisamente il giorno in cui, sulla Terra, si verificò un disastro naturale di dimensioni abnormi.
A rivelarlo non siamo noi però, ma un team di esperti che, dopo numerose ricerche, ha fornito, per la prima volta in assoluto, la prova che l’ampia combustione del carbone in Siberia causò l’estinzione permo-triassica, il più grave evento di estinzione mai verificatosi sul nostro pianeta.
Cambiamento climatico: lo studio condotto sulle rocce vulcaniche
Per questo studio, il team internazionale, guidato da Elkins-Tanton, si è concentrato sulle rocce vulcaniche, ovvero quelle rocce createsi in seguito a violente esplosioni vulcaniche.
Le rocce sono state prelevate in Siberia, una regione della Russia in cui sono presenti grandi massi formati esclusivamente da rocce vulcaniche.
Il massiccio evento eruttivo, che ha contribuito a creare questi ammassi rocciosi in Siberia, è uno dei più grandi eventi vulcanici conosciuti degli ultimi 500 milioni di anni.
Le eruzioni vulcaniche, secondo quanto scoperto dai ricercatori, sarebbero continuate per circa due milioni di anni e avrebbero attraversato anche la linea del tempo del Permiano-Triassico.
Oggi l’area in cui si è verificato questo evento è ricoperta da circa tre milioni di miglia quadrate di roccia basaltica.
Questo è il terreno ideale per i ricercatori che cercano di comprendere l’evento di estinzione del permo-triassico, che colpì tutta la vita sulla Terra circa 252 milioni di anni fa.
Durante questo evento, fino al 96% di tutte le specie marine, e il 70% delle specie di vertebrati terrestri, si estinsero.
I calcoli della temperatura dell’acqua di mare indicano che, al culmine dell’estinzione, la Terra subì un riscaldamento globale letalmente caldo, in cui le temperature equatoriali degli oceani superarono i 104 gradi Fahrenheit (pari a 40 gradi Celsius).
Dopo quell’evento ci vollero milioni di anni per ripristinare gli ecosistemi e recuperare la maggior parte delle specie viventi.
Estinzione nel Permiano-Triassico: le possibili cause
Tra le possibili cause di queste evento di estinzione, una delle più accreditate è che la massiccia presenza di carbone nella zona, che continuava a bruciare senza sosta a causa dell’attività vulcanica, abbia portato ad un catastrofico riscaldamento globale, che a sua volta è stato devastante per le forme di vita presenti in quel periodo.
Per cercare prove a sostegno di questa ipotesi, Elkins-Tanton e il suo team hanno iniziato a guardare la regione delle Trappole Siberiane, dove si sapeva che i magmi e le lave degli eventi vulcanici bruciavano una combinazione di vegetazione e di carbone.
I campioni di vulcaniclastici, all’inizio, erano molto difficili da trovare nella regione, ma poi il team aveva scoperto un documento scientifico che descriveva gli affioramenti vicino al fiume Angara:
“In quella zona, successivamente, abbiamo trovato davvero delle enormi scogliere fluviali, che erano formate da materiali vulcanici. Fiancheggiavano il fiume per diversi chilometri…è stata una scoperta geologica sorprendente.”
Per sei anni il team è tornato più volte in Siberia per lavorare sul campo. È volato in città remote e si è anche lanciato dall’elicottero per atterrare lungo i fiumi più irraggiungibili per raccogliere pietre o per fare escursioni attraverso le foreste.
Alla fine ha raccolto oltre 1000 libbre (più di 454 chili) di campioni, che sono stati condivisi con un team di 30 scienziati provenienti da otto Paesi diversi.
Mentre i campioni venivano analizzati, il team ha iniziato a scoprire anche strani frammenti nei vulcaniclastici, che sembravano legno bruciato e, in alcuni casi, carbone bruciato.
Un’ulteriore ricerca, fatta sul campo, ha rivelato ancora più siti di carbone, di cenere e persino alcune macchie appiccicose ricche di organico nelle rocce.
Elkins-Tanton ha quindi collaborato con il collega ricercatore, e coautore, Steve Grasby del Geological Survey of Canada, che in precedenza aveva trovato resti microscopici di carbone bruciato su un’ isola artica canadese.
Questi resti risalivano alla fine del Permiano e si pensava che fossero arrivati in Canada dalla Siberia mentre il carbone bruciava.
Grasby ha quindi scoperto che i campioni provenienti dalle cosiddette “Trappole siberiane”, raccolti da Elkins-Tanton, presentavano gli stessi frammenti di carbone bruciato trovati nei reperti canadesi:
“Il nostro studio ha dimostrato che i magmi delle Trappole siberiane non solo sono arrivati fino in Canada, ma hanno anche immagazzinato carbone e materiale organico. Questo ci dà la prova decisiva che i magmi hanno anche bruciato grandi quantità di carbone e materiale organico durante l’eruzione dei vulcani.”
Il cambiamento climatico quindi, che ha portato ad una massiccia estinzione durante il Permiano, ha notevoli parallelismi con ciò che sta accadendo oggi sulla Terra, tra cui troviamo una combustione sempre più importante di idrocarburi e di carbone, le piogge acide causate dallo zolfo e persino gli alogaroni che distruggono l’ozono:
“Vedere queste somiglianze ci dà un ulteriore impulso ad agire ora e anche a capire come la Terra possa rispondere al cambiamento climatico sull’arco di periodi di tempo più lunghi.”
Di Francesca Orelli
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