21 Novembre 2024
galileo galilei processo

Quattro secoli fa Galileo Galilei, lo scienziato italiano più famoso, mise in pericolo la propria libertà, e la propria vita, per difendere la scienza e convincere l’establishement religioso di allora che il modello copernicano del sistema solare – in cui la Terra e gli altri pianeti ruotavano intorno al Sole – rappresentava la realtà fisica.

Dopo le sue osservazioni, e le scoperte degli altri astronomi, nessuno poteva più sostenere che ciò che si vedeva attraverso il telescopio fosse un’illusione ottica e non una fedele riproduzione del mondo.

L’unica difesa rimasta a coloro che si rifiutavano di accettare le conclusioni inizialmente avanzate da Nicolao Copernico, un matematico e astronomo del Rinascimento, e sostenute dall’accumulo di fatti e di ragionamenti scientifici, era quella di rifiutare l’interpretazione dei risultati.

I teologi avevano concluso che una Terra in movimento e un Sole stazionario erano in conflitto con le interpretazioni letterali delle Sacre Scritture e con il modello geocentrico tolemaico, che era stato adottato come ortodossia dalla Chiesa Cattolica.

I negazionisti citarono, ad esempio, il libro di Giosué, in cui, su richiesta di Giosué, Dio comandò al Sole, e non alla Terra, di fermarsi sopra l’antica città cananea di Gibeon.

Il processo a Galileo Galilei e l’appassionata difesa dell’astronomo

Galileo, tuttavia, pubblicò comunque il suo libro, Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, in cui derideva tutti coloro che si rifiutavano di accettare il sistema copernicano.

Il libro, neanche a dirlo, provocò l’ira della Chiesa (e dell’Inquisizione), tanto che il 12 aprile 1633 il capo inquisitore, padre Vincenzo Maculano, nominato da papa Urbano VIII, aprì un’inchiesta contro Galileo e ordinò all’astronomo di comparire nel Sant’Uffizio per iniziare il suo processo.

Il processo a Galileo Galilei, un uomo descritto da Albert Einstein come “il padre della scienza moderna”, si svolse in tre sessioni: il 12 aprile, il 30 aprile e il 10 maggio del 1633. La sentenza fu pronunciata il 22 giugno 1633.

La prima sessione cominciò con un avvertimento, pronunciato dal procuratore Maculano, contro Galilei. Inutile dire che, questo avvertimento, era per dirla con un nostro proverbio “Niente di nuovo sotto il sole”, perché era già stato dato all’astronomo 17 anni prima.

Galilei, in quell’occasione, aveva ricevuto l’ordine, da parte del commissario generale della Chiesa, di abbandonare le sue idee copernicane e di non difenderle o insegnarle in alcun modo.

L’ordine scritto però fu la spinta per il ribelle Galileo Galilei (era nato il 15 febbraio 1564 a Pisa e, da bravo Acquario, era non solo un innovatore, ma anche un uomo decisamente troppo all’avanguardia per il suo tempo e che mal sopportava di ricevere ordini, inclusi quelli provenienti dalle massime autorità della Chiesa) a scrivere nel suo libro non solo una serie di argomenti a favore del modello di Copernico, ma anche a burlarsi di tutti coloro che continuavano a sostenere il modello tolemaico pur davanti all’evidenza scientifica.

Quando gli chiesero quale ordine avesse ricevuto nel 1616, Galileo Galilei rispose senza esitazioni:

Il Signore Cardinale Bellarmino (che era stato Capo Teologo del Sant’Uffizio, ndr.) mi disse che, poiché l’opinione di Copernico, presa assolutamente, era contraria alla Sacra Scrittura, non poteva né doveva essere sostenuta e difesa, ma potrebbe essere presa e usata supposta.”

Galilei, al suo processo, mostrò anche una copia, prodotta da lui, della lettera che gli era stata data da Bellarmino, in cui queste parole erano scritte nero su bianco.

Da un punto di vista puramente legale, solo quelle prove sarebbero bastate a scagionare Galilei, perché mentre il documento di ingiunzione diceva di “Non tenere, insegnare o difendere in alcun modo, sia verbalmente che per iscritto”, la lettera di Bellarmino usava un linguaggio più debole di “Non reggere o difendere il copernicanesimo.”

Una commissione speciale però, nominata per esaminare Il Dialogo di Galilei sui due massimi sistemi del mondo (quello tolemaico e quello copernicano) e per determinare se avesse violato il divieto di sostenere, insegnare e difendere il copernicanesimo in qualsiasi modo, pubblicò un rapporto in cui concludeva che, scrivendo il libro, l’astronomo aveva disobbedito all’ingiunzione.

Un membro della commissione, un gesuita di nome Melchior Inchofer, dichiarò che Galilei era “Sospettato con veemenza di aderire fermamente all’opinione copernicana e in effetti la tiene.”

Galileo Galilei, a quel punto, sentendosi intimidito e temendo per la propria vita, ammise che in alcune parti del suo libro gli argomenti a favore del copernicanesimo apparivano più forti di quanto avrebbero dovuto, a causa, disse:

Di vane ambizioni, di pura ignoranza e inavvertenza.”

Si offrì anche di apportare qualsiasi modifica, nel caso fosse stata ordinata dalla corte, al libro, per poi concludere con una richiesta di clemenza per la sua età e infermità.

In sintesi il processo si rivelò estremamente dannoso per Galilei. Conteneva anche false accuse, già sollevate contro di lui 18 anni fa, come ad esempio quella che era stato sentito affermare che Dio era “un incidente”.

Galileo Galilei venne condannato e fu costretto a ritrattare la sua opera.

La visita del poeta inglese John Milton a Galileo Galilei, prigioniero dell’Inquisizione

Il 22 giugno 1633 a Galileo Galilei fu ordinato di inginocchiarsi quando venne trovato “sospettato con veemenza di eresia” e fu costretto ad “abbandonare completamente” la falsa opinione del copernicanesimo e a leggere una dichiarazione in cui ritrattò gran parte del lavoro della sua vita.

Dal suo punto di vista estremamente stretto, la Chiesa di allora agì nell’ambito della sua autorità legale: Galilei venne condannato per due fatti indiscutibili.

Scrivendo Il dialogo sui due massimi sistemi del mondo, aveva violato l’ingiunzione, emessa dal Commissario Generale nel 1616, di non difendere o insegnare il modello copernicano.

Per contro però, dopo quel processo, e aver riveduto alcune parti del suo libro, ottenne il permesso dalla Chiesa di stampare il libro, a condizione che non rivelasse l’esistenza di tale ingiunzione.

Galileo Galilei era ormai un anziano cieco, e ancora agli arresti domiciliari, quando un poeta allora poco noto, John Milton, andò a trovarlo nel 1638.

In seguito Milton, riferendosi alla sua visita allo scienziato italiano, nel 1644 pronunciò un appassionato discorso contro la censura nel Parlamento Inglese.

Il poeta, parlando della censura, mise in guardia i suoi concittadini:

Era questo che aveva smorzato la gloria dell’ingegno italiano. Era questo per cui non è stato scritto nulla in questi anni, tranne adulazione e fustagno. Fu lì che trovai e visitai il famoso Galileo, invecchiato, prigioniero dell’Inquisizione, per aver pensato di Astronomia diversamente da come l’avevano pensata i censori francescano e domenicani.”

Galileo Galilei, quando Milton pronunciò il suo discorso contro la censura, era già morto da due anni (era spirato l’8 gennaio 1642 a 77 anni, un’età molto avanzata per l’epoca), ma aveva fatto ancora in tempo a pubblicare un nuovo trattato, Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze attenenti alla meccanica e i movimenti locali.

Venne riabilitato dalla Chiesa soltanto il 31 ottobre 1992, dopo tredici anni di dibattiti, da papa Giovanni Paolo II, che dichiarò anche:

Galileo ebbe molto da soffrire, non possiamo nasconderlo, da parte di uomini e organismi della Chiesa.”

La Chiesa però aveva cominciato ad ammettere i suoi errori verso Galileo Galilei molto tempo prima: nel 1734 il Sant’Uffizio aveva approvato la costruzione di un mausoleo in suo onore nella chiesa di Santa Croce a Firenze, nel 1757 papa Benedetto XIV aveva tolto i suoi libri sul moto della Terra dall’Indice dei Libri Proibiti e, il 25 settembre 1822, papa Pio VII aveva dato la definitiva autorizzazione all’insegnamento del moto della Terra e dell’immobilità del Sole, approvando un decreto della Sacra Congregazione dell’Inquisizione.

Oggi, grazie a Galileo Galilei, non solo sappiamo che è la Terra a muoversi intorno al Sole, e non il contrario, ma anche che, per trovare risposte a quello che accade sulla nostra Terra (e nel nostro Universo), il metodo scientifico, unito all’osservazione e alle prove pratiche, è la strada migliore.

Di Francesca Orelli

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