L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) descrive il dolore come “Una spiacevole esperienza sensoriale ed emozionale associata ad un reale o potenziale danno ai tessuti o riferita in tali termini”
Nel discernere quali siano le componenti della risposta ad uno stimolo dolorifico, bisogna in primo luogo distinguere un dolore primario (a carattere acuto) da un dolore secondario che viene avvertito successivamente (più diffuso e duraturo).
Queste due modalità possono essere separate non solo da un punto di vista fisiologico e percettivo, ma anche anatomico. Le fibre che dalla cute trasformano lo stimolo nocicettivo in energia elettrica (le informazioni che verranno trasportate al midollo spinale e al cervello) sono infatti di natura diversa.
In particolare, il dolore iniziale sembra essere trasportato da fibre definite A-delta, più rapide perché mielinizzate (la mielina è una sostanza che avvolge gli assoni dei neuroni, velocizzando la trasmissione dei segnali); le fibre C, invece, sono amieliniche, e quindi più lente nel trasferimento dei segnali.
I due sistemi paralleli
Una ulteriore suddivisione va presa in considerazione per scomporre due componenti della sensazione dolorifica, ovvero un sistema discriminativo-sensoriale ed un sistema affettivo-motivazionale.
Entrambe le vie, le quali dai recettori nocicettivi per la cute arrivano al midollo spinale, salgono fino al talamo tramite quella che viene definita via antero-laterale.
Il sistema discriminativo-sensoriale viene definito laterale. Questo perché le zone del cervello innervate sono situate lateralmente: le aree parietali somatosensitive sono quelle che si occupano di elaborare la qualità del dolore, ovvero la sua componente sensoriale.
Il sistema affettivo-motivazionale si colloca più medialmente, poiché alla fine della sua strada incontra zone che si trovano in una zona più centrale del cervello: la corteccia cingolata anteriore e l’insula, implicate in diverse funzioni affettive, sono responsabili della sensazione emotiva spiacevole associata al dolore.
Sono diversi gli studi che hanno permesso di verificare questa dissociazione. Pazienti con lesione ischemica delle cortecce coinvolte nella componente discriminativa, infatti, presentano effettivamente la sensazione spiacevole (affettiva) tipica di chi si imbatte in uno stimolo dolorifico; allo stesso tempo, però, non erano in grado di percepire il dolore, e quindi di discriminarlo.
Esiste davvero una pain matrix?
Le aree elencate precedentemente costituirebbero, secondo una visione atta a considerare quello del dolore come un sistema isolato, quella che viene definita pain matrix.
Diversi ricercatori, tuttavia, sono in disaccordo con questa concezione del sistema dolorifico. Più di un esperimento, infatti, avrebbe dimostrato come i circuiti responsabili del dolore siano compresi in una più ampia elaborazione degli stimoli.
Le aree corticali che rispondono al dolore, effettivamente, presentano un’attivazione anche davanti ad input non nocicettivi. A tal proposito, negli ultimi anni si è iniziato a fare strada il concetto di neuromatrix: un sistema che non risponde semplicemente agli stimoli nocicettivi, ma piuttosto a qualsiasi input esterno che venga considerato saliente.
In generale, quindi, uno stimolo che risulta più importante a causa di motivazioni interne o esterne (come ad esempio un pallino rosso in mezzo a pallini bianchi) sarebbe alla base dell’attivazione delle aree corticali responsabili anche del dolore.
Fattori ambientali, cognitivi e strutturali, inoltre, vanno sempre tenuti in considerazione nell’analisi della percezione del dolore in diversi individui. Le differenze individuali, quindi, hanno un impatto fondamentale sulla capacità di modulare la sensazione di dolore provata.
di Daniele Sasso
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