Spoiler: la risposta è no. L’idea secondo la quale gli individui sfrutterebbero solo una piccola parte delle proprie capacità cognitive è una falsa credenza ancora ben radicata nell’immaginario collettivo. Circa 2 persone su 3, ad oggi, credono alla storia del 10%.
Da Scientology ai complottisti invaghiti dei rettiliani, molti sono i cialtroni che hanno utilizzato questa nozione allo scopo di vendere prodotti che potessero “sprigionare” quel fantomatico 90% di energia, con la promessa di raggiungere una specie di “forma finale” dell’essere umano, manco fossimo in un episodio di Dragon Ball.
L’origine del mito favorita dalla mancanza di dati
Tutto ebbe inizio con una frase di William James, considerato il “padre della psicologia americana”. L’analisi di un bambino prodigio con QI superiore a 250, verso la fine del XIX secolo, indusse il filosofo irlandese a dire semplicemente “Stiamo facendo uso di solo una piccola parte delle nostre possibili risorse mentali e psicologiche”.
Fu solo con il lavoro How to win friends and influence people di Dale Carnegie, però, che magicamente la percentuale del 10% emerse come il numero in grado di definire l’energia psichica che gli esseri umani usano nel quotidiano.
Dal punto di vista neuroscientifico, bisogna dire che per molti anni è stato difficile comprendere la funzione di diverse aree del cervello. Il fatto che danni in alcune parti dell’encefalo non causassero deficit sensomotori, portarono i ricercatori a denominare queste come “aree silenti”, apparentemente non utilizzate.
Le evidenze che eliminano qualsiasi dubbio
Oggi sappiamo che molti di questi spazi corticali si occupano di gestire l’integrazione delle informazioni e le funzioni di alto livello come il ragionamento logico e la presa di decisioni, così come che una loro compromissione può effettivamente determinare problematiche molto gravi a livello mentale e comportamentale.
L’energia utilizzata dal nostro cervello, inoltre, è pari al 20% del glucosio utilizzato dal nostro corpo ogni giorno, mentre nei bambini piccoli si arriva ad una percentuale del 60%. Rispetto ad altri animali, il cervello dell’uomo è molto più denso di neuroni: è questo, in sostanza, il principio che permette agli esseri umani di essere più intelligenti e capaci di un ragionamento superiore.
Di questa energia, la metà serve quindi solo per mantenersi strutturalmente stabile. Da questi dati è facile comprendere come, se si tenesse una parte del potenziale inutilizzato, ai circa 100 miliardi di cellule del cervello rimarrebbe davvero poca benzina per ottemperare ai propri doveri attraverso la comunicazione sinaptica.
La natura ci ha dotato di diversi meccanismi per mantenere quella che viene definita come efficienza energetica: una serie di feedback negativi impedisce a più porzioni di cellule di inviare segnali nello stesso momento, minimizzando il quantitativo di energia spesa e massimizzando le informazioni inviate. In tal senso, il numero di cellule attive nello stesso momento può variare tra l’1 e il 16%.
Anche allo stato di riposo (mentre non stiamo svolgendo nessun compito) centinaia di evidenze provenienti dai dati delle neuroimmagini confermano che non esistono aree che non vengono sfruttate, e che queste sono attive nei diversi stadi che vanno dalla veglia al sonno profondo.
L’unica capacità inespressa, in sostanza, rimane per molti quella di informarsi accuratamente su alcuni argomenti, piuttosto che credere ad individui che con la scienza (e l’etica) hanno davvero poco a che fare.
di Daniele Sasso
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