22 Novembre 2024
Gli scarichi delle automobili e l'inquinamento

I fumi di scarico delle automobili, importante fonte secondaria di PM10

Le fonti secondarie di particolato sono molto più importanti di quelle primarie: dalle automobili al riscaldamento passando per l'agricoltura, un campo d'analisi molto complesso.

L’ammoniaca è un gas in grado di reagire con altre sostanze causando la produzione nell’atmosfera di agenti inquinanti. È probabilmente la principale causa della produzione secondaria di particolato, dannoso per la salute dell’individuo e oggetto di discussioni anche accese nei mesi scorsi.

L’importanza di non sottovalutare le fonti secondarie

L’espressione fonte secondaria è facilmente fraintendibile: potrebbe portare chi non fosse informato sulla sua natura a ritenerla secondaria nel senso di importanza, ma non è così.

Con fonte primaria ci si riferisce all’emissione in modo diretto di particolato e una delle polemiche che più hanno tenuto banco recentemente riguarda la presunta scarsa utilità del blocco del traffico poiché il 70% del particolato proverrebbe dal riscaldamento delle abitazioni; ciò è vero ma si riferisce a ciò che viene emesso in modo diretto dalla fonte inquinante.

Il problema è che il particolato emesso direttamente dai camini o dai gas di scarico delle automobili rappresenta, secondo le stime degli esperti, solo circa il 30% del totale. Il 70% di queste sostanze dannose in grado di penetrare in profondità nei nostri polmoni sarebbe quindi causato da fonti secondarie.

Sì tratta di sostanze che immesse nell’atmosfera reagiscono con altri componenti (persino semplicemente coi raggi solari) generando particolato in modo secondario, quindi indiretto. Questo il vero significato del termine.
Spesso le fonti primarie primarie e secondarie coincidono, ma bisogna, con questa consapevolezza, rivalutarne l’impatto.

I veicoli a motore si confermano la fonte principale di PM10 in città

L’automobile per esempio oltre a generare particolato in modo diretto emette sostanze che lo generano indirettamente e in questo modo l’influenza del traffico sul problema diventa molto più elevata. L’emissione di ammoniaca è più importante nei motori a combustione che nei sistemi di riscaldamento (dove peraltro esiste, nella legna da ardere e nelle biomasse), ma entrano in gioco pesantemente anche altre fonti quali l’agricoltura.

L’utilizzo di fertilizzanti a base di azoto, comunemente in uso fin dal diciannovesimo secolo, causa il rilascio di ingenti quantità di ammoniaca.
Non è semplice calcolare l’influenza di ogni singola fonte: uno studio del dottor Shen Jianlin e colleghi dell’Istituto di Agricoltura Subtropicale dell’Accademia Cinese delle Scienze porta a ritenere, sulla base di un sistema di rilevazione da loro messo a punto, che solo il 20% dell’ammoniaca emessa dalle coltivazioni di una risaia (oggetto dell’esame) salga in atmosfera mentre l’80% ricadrebbe al suolo, sottovento, entro cento metri dal campo coltivato e sarebbe rilevabile in forma secca.

Sì tratta di uno studio preliminare che va ampliato sulla base di differenti colture e condizioni ambientali e bisogna inoltre comprendere bene gli eventuali effetti dell’ammoniaca ricaduta al suolo.

Dalle eruzioni vulcaniche l’emissione maggiore, ma è diluita su vaste aree

Sebbene si ritenga a livello globale il 94% della produzione di particolato sia di origine naturale, le cose cambiano nelle zone urbane, che costituiscono una percentuale minuscola della superficie totale del pianeta con milioni di persone ammassate e attive in relativamente poco spazio; ciò è confermato dalle rilevazioni di varie fonti: dallo SCENIHR (Scientific Committee on Emerging and Newly Identified Health Risks) dell’Unione Europea, all’APAT (Agenzia per la protezione dell’ambiente), i vari istituti concordano nell’attribuire la maggiore responsabilità della produzione di PM10 (le nanoparticelle più pericolose per la nostra salute) al settore dei trasporti (49% su scala nazionale ma fino al 70% in centri urbani come Milano) e in particolare circa il 30% a veicoli diesel (il problema principale in quest’ultimo caso sarebbe costituito da catalizzatori mantenuti in condizioni non ottimali).

Si tratta quindi di una ricerca in costante sviluppo che induce a non sminuire in particolare le responsabilità del settore automobilistico, sebbene non sia certo da ritenersi l’unica causa del problema.

Di Corrado Festa Bianchet

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