Il modo di comunicare dei neuroni si basa sostanzialmente sul passaggio di elettricità, che consente lo scambio di informazioni nelle diverse popolazioni neuronali e tra area diverse dell’encefalo.
Le onde emesse dal cervello seguono una attività ritmica che viene registrata e trascritta grazie allo strumento d’elezione per studiarle: l’elettroencefalogramma (EEG).
La valanga di studi che si sono occupati di studiare le onde cerebrali hanno prodotto, negli anni, una mole di lavoro in grado di descrivere come diversi ritmi cerebrali potessero essere associati a funzioni diverse, ricollegando caratteristiche come la frequenza e l’ampiezza delle onde ad uno specifico comportamento o ad una determinata sensazione.
Le principali bande che è possibile registrare
- Ritmo delta: sono onde che vanno da 0,1 a 3,9 Hz (cicli al secondo), quindi rappresentano quelle maggiormente lente. Sono più presenti nei primi anni di vita e negli stadi di sonno profondo.
- Ritmo theta: le theta sono onde lente e ad ampiezza elevata che vanno dai 4 ai 7,9 Hz, spesso associate a stati meditativi e di focus interno. Sono presenti in particolar modo durante la fase del sonno detta REM (Rapid eye movement). Nello stato di veglia normale solitamente sono quasi del tutto assenti.
- Ritmo alfa: le onde Alpha hanno una frequenza che dagli 8 può arrivare ai 13,9 Hz. Solitamente sono presenti nella fase precedente all’addormentamento, ma anche durante uno stato di veglia rilassato e ad occhi chiusi.
- Attività beta: l’attività beta è caratterizzata da una ampiezza ridotta e da una frequenza tra i 14 e i 30 Hz. Sono associabili ad uno stato di veglia nel quale si sta svolgendo un compito che implica funzioni come il ragionamento e la concentrazione, ma anche durante attività quotidiane come la lettura. In questo caso si parla di attività e non di onde a causa del tracciato desincronizzato.
- Ritmo gamma: le onde gamma sono quelle con una frequenza maggiore (tra i 30 e i 42 Hz), ma con ampiezza ridotta, presenti quando si prova una sensazione di tensione.
L’utilità della concettualizzazione dei ritmi per scopi clinici
Nonostante la riduzione dell’attività cerebrale a questi 5 ritmi sia solo una semplificazione rispetto ai diversi elementi che possono essere registrati in un tracciato EEG, la divisione di un continuum che va dalle onde ad alta ampiezza e bassa frequenza a quelle con caratteristiche opposte rappresenta un punto di riferimento importante.
Soprattutto nel campo di patologie come l’epilessia, l’Alzheimer e i disturbi del sonno, la misurazione delle onde scaturite dall’attività elettrica del nostro cervello permette di avere a disposizione uno strumento diagnostico in grado di fare la differenza.
di Daniele Sasso
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