L’agenzia aerospaziale giapponese (JAXA), ha dato il via a un progetto per riportare sulla Terra campioni prelevati sulla superficie di Phobos, uno dei due satelliti di Marte.
Missione MMX: lancio previsto per il 2024
La Martian Moon Exploration ha superato la fase preliminare e ora il team si concentrerà sullo sviluppo dell’hardware e del software necessari per il compimento della missione.
Una volta raggiunta l’orbita del Pianeta Rosso, la sonda atterrerà sulla superficie di entrambi i piccoli satelliti marziani; una permanenza di alcune ore servirà a effettuare le analisi previste mentre da Phobos sarà prelevato un campione di circa 10 grammi di materiale da almeno due centimetri sotto la superficie.
La sonda ripartirà poi alla volta della Terra, divenendo in questo modo il primo veicolo spaziale a compiere un viaggio di andata e ritorno fra i due pianeti.
Da dove viene l’acqua terrestre e marziana?
Si ritiene i quattro pianeti rocciosi (Mercurio, Venere, Terra, Marte) siano troppo vicini al Sole per aver potuto conservare materiali volatili durante la propria formazione; acqua e componenti organici sarebbero giunti in seguito attraverso il bombardamento di comete e asteroidi formatisi nella parte esterna e più fredda del sistema solare.
La Linea della Neve è la distanza alla quale nel disco di materiali in orbita intorno alla protostella durante il processo di formazione di un sistema stellare l’acqua da liquida può diventare solida. Marte si troverebbe in effetti appena entro questo limite, costituendo il terreno di ricerca ideale per tracce dell’arrivo di una sostanza come l’acqua da fonti esterne e lontane.
L’importanza e la misteriosa nascita dei due satelliti
L’origine di Deimos e Phobos è oggetto di dibattito: le due ipotesi prevalenti prevedono trattarsi di due asteroidi catturati dal pianeta, quindi due oggetti estranei alla sua formazione, oppure di materiale proveniente dalla superficie di Marte stesso scaraventati in orbita in seguito a uno o più impatti giganti con altri corpi di notevoli dimensioni.
L’analisi dei satelliti ci darà indicazioni più precise sulla loro origine e le tracce accumulate sulla loro superficie, in particolare quelle provenienti dal pianeta sottostante, forniranno preziosi indizi riguardo l’origine dell’acqua e degli elementi organici.
La scelta di Phobos
Perché si è optato per Phobos anziché Deimos? Le ragioni sono molteplici: innanzitutto Phobos è più grande, 23 km di diametro medio contro 12, e presenta una forma più regolare (entrambi gli oggetti non sono affatto sferici) aumentando la possibilità di operare con successo l’estrazione del materiale in condizioni di microgravità.
Inoltre, Phobos si trova in orbita più bassa rispetto a Deimos e questo dovrebbe permettere una maggior presenza di elementi arrivati dalla superficie di Marte. Infine, mentre Deimos presenta un’unica regione Phobos ne mostra due di composizione apparentemente diversa. Dovrebbe quindi garantire una maggior ricchezza di materiali da analizzare.
La missione MMX comprenderà undici strumenti, realizzati in collaborazione con altre agenzie spaziali: NASA (Stati Uniti), ESA (Europa), CNES (Francia) e DLR (Germania) che vanno dal telescopio al misuratore di massa, dal rilevatore di minerali idrati e particelle organiche al LIDAR per la mappatura laser.
Verranno analizzate anche altre variabili ambientali quali le radiazioni, utili in previsione di un eventuale (e già ipotizzato) utilizzo dei piccoli satelliti come base per l’esplorazione umana del Pianeta Rosso.
Il Giappone aveva già completato con successo il recupero di materiale dall’asteroide Itokawa tramite la sonda Hayabusa mentre i campioni prelevati dall’Hayabusa 2 su Ryugu, asteroide ricco di carbonio, dovrebbero giungere sulla Terra il prossimo dicembre.
In entrambi i casi le sonde avevano prelevato una quantità minima di materiale, 0,1 grammi. Assai inferiore ai 10 grammi target di questa nuova missione.
Di Corrado Festa Bianchet
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