Un team del MIT, Massachusetts Institute of Technology, guidato dal professor Ju Li ha annunciato la creazione di un innovativo anodo che fungerà da base per la realizzazione di batterie allo stato solido, più efficienti e sicure di quelle odierne.
Una tecnologia sostanzialmente inalterata da duecento anni
Fin dall’invenzione di Alessandro Volta, una pila è costituita da due elementi, detti catodo e anodo, che producono una corrente elettrica facendo circolare il flusso di elettroni attraverso un indispensabile elettrolita; nella versione più semplice si tratta di acqua salata (anche imbevuta in fogli di carta, ancora oggi la via più facile per mostrare dal vivo il funzionamento di una batteria).
Nel corso degli anni naturalmente la tecnologia si è raffinata e diversi materiali hanno trovato impiego in questo campo, ma il principio è lo stesso e il limite resta sempre la necessità di un elettrolita liquido o in forma di gel, che restano elementi volatili e la possibile causa delle esplosioni di cui, per fortuna solo occasionalmente, capita di sentir parlare.
Ma nonostante le lunghe ricerche finora non si è arrivati a una batteria interamente solida per una serie di ostacoli da superare. Il principale problema è rappresentato da una proprietà del metallo in uso (tipicamente il litio) che quando viene caricato con gli elettroni tende a espandersi mentre durante la scarica si contrae, come se respirasse, non potendo garantire un contatto ottimale con l’elettrolita solido (riducendo quindi l’efficienza della batteria) e andando incontro a indebolimenti e fratture nella propria struttura, riducendone la vita utile.
Inoltre, tutti i materiali finora proposti per fungere da elettrolita non sono sufficientemente stabili da un punto di vista chimico quando entrano in contatto con un elemento altamente reattivo quale il litio e tendono a degradarsi rapidamente.
Nuovi materiali e nanostrutture
Stante tale difficoltà, i ricercatori del MIT hanno optato per due nuove classi di solidi denominate MIEC (mixed ionic-electronic conductors), ovvero conduttori ionico-elettronici, ed ELI (electron and Li-ion insulators), isolanti per elettroni e ioni di litio, assolutamente stabili a contatto col litio.
È stata realizzata una nanoarchitettura in forma di nido d’ape, una serie di tubicini esagonali di MIEC parzialmente riempiti di litio in modo che espandendosi durante la ricarica esso vada ad occupare lo spazio rimasto vuoto.
L”altro materiale, l’ELI, svolge la fondamentale funzione di legante fra il MIEC e il litio, che si “muove” all’interno dei nanotubi come fosse un liquido pur mantenendo fisicamente la propria struttura cristallina allo stato solido.
Quel che accade è che il litio, caricandosi e scaricandosi, va su e giù all’interno dei tubi come farebbe un pistone in un motore (viste le dimensioni microscopiche, parliamo di dieci miliardi di “pistoni” in pochi centimetri), mantenendo sempre il contatto con le pareti mentre la forma e le dimensioni esterne della struttura restano inalterate.
Il litio in questo modo non perde mai il contatto con il MIEC, garantendo un elevato rendimento. I ricercatori hanno sottoposto un prototipo a 100 cicli di ricarica e scarica senza che fosse rilevato alcun danno alla struttura.
Stesse dimensioni, maggiore capacità
Partendo dal successo di questa ricerca, che si aggiunge al concetto di un nuovo catodo più efficiente, economico e di dimensioni ridotte già descritto in precedenza da un altro team guidato sempre dal dottor Ju Li, al MIT contano di arrivare a batterie che, a parità di peso e dimensioni, possano garantire una capacità tripla rispetto a quelle agli ioni di litio in uso oggi. In sostanza, se oggi una ricarica completa permette a uno smartphone di funzionare per un giorno, con le nuove batterie potrebbe farlo per tre giorni e in modo più sicuro.
La ricerca, pubblicata su Nature, ha coinvolto oltre al MIT anche università del Texas, della Florida e di Hong Kong.
Di Corrado Festa Bianchet
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