In psicologia vengono definite decisioni sociali quelle azioni che, nel loro compiersi, determinano un effetto non esclusivo sul soggetto che le compie, ma anche su altri individui. Tecniche come l’ultimatum game ed il trust game permettono di sondare questo genere di comportamenti, arricchendo lo stato dell’arte riguardante gli scambi interattivi e le cooperazioni di diverso genere.
Nello specifico, nel Trust Game (Berg et al. 1995) sono presenti due partecipanti con ruoli diversi: un investitore, il quale dovrà decidere quanti soldi investire, e un fiduciario che riceverà il denaro. Una volta che la somma arriverà nelle mani di quest’ultimo, il suo valore sarà triplicato.
È a questo punto che la palla passa nelle mani del fiduciario, che potrà scegliere come comportarsi nei confronti del soggetto che gli ha affidato l’investimento. La possibilità è quella di ricambiare la fiducia che gli era stata accordata, restituendo all’investitore la metà della somma totale ricavata, oppure “tradire” l’altro partecipante e tenere tutto per sé.
Dal suo punto di vista, anche l’investitore presenta una duplice scelta. Da una parte sarebbe possibile optare per una strategia che permetta di massimizzare i profitti, investendo nel fiduciario che automaticamente triplicherà la somma ricevuta; dall’altra potrebbe invece optare per una strategia meno rischiosa che comporti il trattenere la somma, senza correre il rischio di non vedersi restituire nulla.
Questo paradigma sperimentale può essere utilizzato per indagare costrutti come i pregiudizi nei confronti di altre etnie o la fiducia nei confronti di qualcuno che ricopre una determinata occupazione. Il comportamento dell’investitore, in sostanza, dipenderà sempre dalla reputazione che questi percepisce del fiduciario.
Esplorando la stessa vicenda dal punto di vista neurobiologico, si evince come un ruolo importante nel ricambiare la fiducia venga giocato dalla corteccia prefrontale, in grado di favorire la collaborazione e di ritardare la tentazione rappresentata dal tenere tutti i soldi, senza restituirne la metà.
La corteccia prefrontale ventromediale, in particolare, se lesionata comporta una tendenza a non ricambiare la fiducia, determinando un’incapacità nell’inibire il rinforzo immediato e nell’anticipare le conseguenze negative del comportamento scorretto, come ad esempio il possibile senso di colpa.
Per quel che riguarda la scelta di investire o no nel fiduciario, l’investitore potrà contare invece sul prezioso contributo dell’amigdala, in grado di segnalare condizioni ambigue e attivare il resto del cervello davanti a situazioni potenzialmente pericolose e svantaggiose.
In più di uno studio, inoltre, è stato dimostrato come l’ossitocina, coinvolta anche nei comportamenti affettivi e pro-sociali, possa mediare questo genere di vicissitudini. Una somministrazione di questo ormone, infatti, aumenta significativamente il comportamento di fiducia nell’altro, diminuendo la funzione dell’amigdala e impedendole di rilevare l’eventuale inaffidabilità del fiduciario.
di Daniele Sasso
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