21 Novembre 2024
2020-01-03-20-39-18
Uno studio su 3700 persone in una zona industriale in India quantifica i danni causati dall'inquinamento atmosferico alla struttura delle ossa

L’inquinamento atmosferico influisce negativamente sulla nostra salute, lo sappiamo bene: nel corso degli anni sono state individuate correlazioni fra il livello di sostanze nocive nell’aria e malattie che colpiscono i polmoni, l’apparato visivo, il cuore e il sistema circolatorio; sono addirittura emersi legami con la salute mentale, fino alla depressione e tutto ciò che ne può conseguire.
Un nuovo studio realizzato congiuntamente da istituti spagnoli, inglesi e indiani (*) si focalizza ora sui possibili danni causati dall’inquinamento atmosferico alle ossa.
La ricerca è stata realizzata prendendo in esame 3700 persone residenti in diverse zone nei dintorni di Hyderabad, città dell’India meridionale e fra i più importanti centri dell’industria tecnologica del Paese, su cui sono stati eseguiti gli stessi esami atti a verificare eventuali problemi di osteoporosi. Una volta correlati questi dati con i livelli di PM 2.5 (polveri talmente sottili da poter penetrare negli alveoli polmonari e conseguentemente nel sangue) di ciascuno dei 23 siti presi in esame, è emerso uno schema ricorrente: più è alto il livello di inquinamento, più bassa è la concentrazione di sali minerali nelle ossa degli individui esaminati.
La quantità di PM 2.5 cui sono esposti i residenti in quest’area industriale corrisponde a 32.8 microgrammi per metro cubico, ovvero tre volte il limite ritenuto di sicurezza dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Una volta eliminati altri fattori (per esempio problemi di salute preesistenti), i ricercatori hanno determinato che a ogni aumento di 3 microgrammi per metro cubo di PM 2.5 corrisponde mediamente un calo nella densità di sali minerali pari a 0.011 grammi per centimetro quadrato nella spina dorsale e di 0.004 grammi per centimetro quadrato nell’anca, indistintamente per gli uomini e per le donne.
Metà dei 3700 individui utilizza, al chiuso di casa propria, metodi basati sulla combustione di biomasse per la cottura del cibo; anche le biomasse emettono agenti inquinanti e polveri sottili, ma non sono state rilevate variazioni nei risultati rispetto alla popolazione che non ne fa uso. I danni derivano quindi dall’esposizione generale all’aria inquinata in tutto l’ambiente circostante.
La letteratura scientifica su questo particolare problema, il legame fra aria inquinata e salute delle ossa, è tutt’ora scarsa e i risultati di precedenti ricerche si possono definire per lo più inconcludenti, anche perché quasi sempre focalizzati sulle persone più anziane. Lo studio attuale è invece ad ampio raggio e include individui di ogni età (la media è di circa 36 anni).
Solitamente un essere umano raggiunge il picco nella massa dell’apparato scheletrico fra i venti e i trent’anni, e una diminuzione di sali minerali in questo periodo della vita potrebbe preludere a problemi di osteoporosi in futuro, in età più avanzata. Secondo uno studio effettuato nel 2017 a Boston, ogni anno ben 65000 casi di fratture alle ossa negli Stati Uniti potrebbero derivare da osteoporosi causata da PM 2.5, appare perciò chiara l’importanza di ulteriori ricerche organiche e accurate come quest’ultima in un settore poco esplorato rispetto ad altre patologie.

(*): Barcelona Institute for Global Health (Spagna), National Institute of Nutrition (India), London School of Hygiene and Tropical Medicine (Regno Unito)

Di Corrado Festa Bianchet

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