Quando si parla di aprassia (traducibile letteralmente come “senza azione”) si intendono una serie di disturbi nei quali l’azione, effettivamente ancora realizzabile, non viene riprodotta nel giusto modo. La peculiarità di questa condizione sta nel fatto che la mancata esecuzione non dipende dalla paralisi di gruppi muscolari o da disturbi sensoriali.
Addirittura, l’incapacità di riprodurre un gesto potrebbe sfuggire ad un’analisi della quotidianità del soggetto. Spesso, per effettuare una diagnosi di aprassia, sono necessari dei test in laboratorio nei quali si chiede esplicitamente di eseguire un movimento su indicazione verbale o su imitazione.
Il punto cruciale di questa differenza tra le capacità in un contesto ecologico (come può essere la routine mattutina) e quelle davanti alla richiesta dello sperimentatore, sarebbe rintracciabile in una dissociazione tra sistemi di progettazione del movimento volontario (danneggiati), e quelli coinvolti in azioni automatiche (risparmiati).
L’aprassia è un disturbo che si presenta con un’incidenza tra il 30 e il 50% nei pazienti lesi nell’emisfero cerebrale sinistro, più precisamente nel lobo parietale, e può venire classificata in diversi modi:
- Tipo di attività perturbata: utilizzazione degli oggetti, produzione di sequenze motorie complesse, produzione di gesti simbolici e imitazione.
- Livello del processo di elaborazione: traduzione della sequenza motoria corretta conosciuta nel programma motorio da implementare (aprassia ideomotoria); rappresentazione mentale del gesto o della sequenza di movimenti da effettuare (aprassia ideativa)
- Sistemi effettori colpiti: aprassia degli arti, aprassia orale, aprassia del tronco
Per quel che riguarda le tipologie di test attraverso i quali è possibile indagare questo disturbo, è necessario tracciare una differenza in base al modo in cui viene richiesta la riproduzione del gesto.
Il test può essere presentato in forma verbale, chiedendo al paziente di riprodurre un gesto. A tal proposito, è però importante considerare che i pazienti cerebrolesi sinistri, spesso, sono soggetti anche ad afasia (disturbo del linguaggio), e potrebbero quindi avere difficoltà nel comprendere le istruzioni.
Per ovviare a questo problema, è possibile quindi utilizzare un test di imitazione, nel quale si mima al paziente il gesto che bisogna eseguire.
Inoltre, si è soliti richiedere al soggetto di utilizzare oggetti comuni; questo, al fine di ricercare una differenza effettiva tra l’uso domestico quotidiano (automatico) e quello richiesto arbitrariamente dallo sperimentatore (volontario).
Completa l’esame un test che contempla l’uso coordinato e sequenziale di più oggetti, come ad esempio la preparazione del caffè o l’accensione di una candela.
Gli errori commessi dai soggetti aprassici possono essere di diverso tipo, e dipendono dal tipo di test effettuato. Per quel che riguarda la produzione dei singoli gesti, quelli tipici sono di perseverazione, omissione, sostituzione e nella sequenza di produzione dei movimenti.
Se l’azione richiesta è più complessa di solito si riscontrano perplessità, maldestrezza, problemi nella localizzazione, un uso erroneo degli oggetti e della sequenza d’azione.
Infine, nel momento in cui si chiede ad un soggetto di dimostrare l’uso di un oggetto, è fondamentale distinguere gli errori di perseverazione rispetto a quelli in cui il soggetto mima un oggetto diverso, ma comunque simile, e quelli in cui il soggetto mima un oggetto completamente diverso da quello richiesto.
di Daniele Sasso
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