Quanto può essere grande un pianeta?
Le dimensioni contano? In campo astronomico, soprattutto nella planetologia parrebbe di sì: ne sa qualcosa Plutone, considerato troppo piccolo per essere un pianeta, come deliberato dall’Unione Astronomica Internazionale nel 2006.
Almeno questa è la versione generalmente nota al grande pubblico, ma le cose non stanno esattamente così: Plutone è stato “declassato” poiché non soddisfa uno dei parametri richiesti per essere definito pianeta, ovvero la capacità di “ripulire” la propria fascia orbitale dalla presenza di altri oggetti.
Ma esiste il limite opposto, una grandezza massima raggiungibile da un pianeta?
Perché una discussione del genere abbia senso si prenderanno in considerazione esclusivamente i giganti gassosi, poiché i pianeti rocciosi come la Terra sono dotati di dimensioni insignificanti rispetto a essi.
Dimensioni e massa non sono però la stessa cosa: Giove è il pianeta più grande del sistema solare ed è dotato di una massa tripla rispetto a Saturno, il secondo in questa classifica; ma nello stesso tempo il volume è superiore di appena il 20%.
Ciò è possibile poiché i gas a differenza dei materiali solidi possono essere soggetti a una forte compressione: a un certo punto, se si aggiunge gas a un pianeta esso tenderà a mantenere le proprie dimensioni e a “schiacciare” il gas, incrementando la propria densità media.
Quel che succede è che da una parte la forza di gradiente induce il gas a spostarsi dalle zone dov’è più denso a quelle in cui è più rarefatto, in modo da creare una diffusione uniforme; dall’altra la gravità tende ad addensare i gas in prossimità della superficie del corpo solido (che può essere la Terra con la sua atmosfera come il nucleo roccioso di Giove); la stabilità che si raggiunge dall’agire di queste due forze in gioco viene definito equilibrio idrostatico. Si è calcolato che il limite oltre il quale la compressione del gas inizi a prevalere sull’incremento delle dimensioni di un pianeta sia circa la metà della massa di Giove.
Un gigante gassoso come Nettuno è sotto questo limite e potrebbe, se “nutrito”, crescere con relativa facilità mentre Giove stesso mostrerebbe un incremento minimo.
E poi c’è il limite oltre il quale nasce una stella.
Accade quando la massa è talmente elevata che il contrasto fra la reciproca repulsione fra gli atomi e la forza attrattiva della gravità scalda il gas, già sottoposto a immensa compressione, fino ad accenderlo, per così dire: a causa del processo di fusione nucleare (quello che stiamo cercando di riprodurre sulla Terra per ottenere energia pulita e sicura) l’idrogeno si tramuta in elio. Affinché questa reazione abbia inizio è necessaria una massa pari a 78/80 volte quella di Giove, a lungo ritenuto in passato (ora sappiamo, erroneamente) una “stella mancata“.
Tuttavia, in termini di massa per la definizione di “pianeta” io limite è inferiore: esistono oggetti denominati sub-nane brune che hanno perso il proprio equilibrio idrostatico ma la pressione è sufficiente solo a consentire la mutazione dell’idrogeno in deuterio, non in elio. Si ritiene sia necessaria una massa di almeno 13 volte Giove per dar vita a una sub-nana bruna, ma ipotesi recenti abbassano il possibile limite fra 4 e 10.
La differenza fra un pianeta gassoso e una sub-nana bruna è tutt’ora incerta e oggetto di dibattito; si ritiene contino non solo massa e dimensioni ma anche e soprattutto il modo in cui un corpo si forma e i materiali di cui è composto: i pianeti giganti gassosi implicano la presenza di un corpo roccioso attorno a cui si addensano i gas, mentre una stella si crea dal collasso gravitazionale del gas in assenza di un nucleo solido.
Il pianeta di più grandi dimensioni finora scoperto si chiama WASP-17b (raffigurato nell’immagine in una rappresentazione artistica ESA/Hubble insieme ad altri gioviani caldi extrasolari), il doppio di Giove in termini di volume ma con la metà della sua massa. Naturalmente, come per Plutone pur se con meno clamore, anche in questo campo il dibattito continua.
Di Corrado Festa Bianchet
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