La ricerca si è molto concentrata su materiali innovativi quanto più possibile in grado di mantenere la temperatura fungendo da isolante per non permettere al calore di uscire, per esempio, da una stanza; ma anche la capacità di liberarsi dal calore ha un’enorme rilevanza, con grandi ripercussioni sul piano economico e persino sociale.
I sistemi di condizionamento dell’aria sono a noi tutti familiari, come lo è il costo della bolletta a fine mese. Dalla ricerca di materiali efficiente e a basso costo del MIT – Massachusetts Institute of Technology, ecco un tessuto spugnoso composto in gran parte di aria, in questo caso all’interno di polietilene (il materiale delle buste per la spesa). Un aerogel, materiale morbido come gommapiuma e utilizzabile in forma di strati intorno a un edificio o sopra un oggetto o un terreno.
Il grande vantaggio di questo nuovo materiale rispetto a quelli provati (e in effetti in uso) finora consiste nella capacità di non solo non lasciar entrare il calore del Sole ma di consentire nello stesso tempo alla radiazione infrarossa di uscire dall’ambiente o dall’oggetto ricoperto, per poi disperdersi nel vuoto dello spazio (l’aria è trasparente agli infrarossi e non li blocca).
In altre parole, è possibile allo stesso tempo impedire al calore dall’esterno di entrare all’interno e, viceversa, di “estrarre” il calore dall’interno, raffreddando in definitiva l’ambiente.
E ciò avviene in modo passivo senza parti in movimento o necessità di fonti di energia per alimentare il dispositivo.
I test effettuati nel deserto di Atacama, la zona più secca della Terra e molto calda per la posizione in prossimità dell’equatore, hanno portato a una riduzione della temperatura, a mezzogiorno, di 13°. In simulazioni di varie condizioni ambientali laboratorio sono stati comunque raggiunti almeno i 10° e i ricercatori confidano che l’ottimizzazione del sistema possa in futuro portare addirittura a 50° di differenza.
Inoltre per la sua stessa natura, versatilità e semplicità il materiale potrà essere usato in abbinamento con qualsiasi altro sistema di raffreddamento già esistente e in uso, sia per l’aria che per l’acqua; elementi radianti simili già esistono ma sono o molto meno efficienti oppure fragili, pesanti e costosi (quelli che implicano la tecnica del sottovuoto, per esempio).
Non si tratta solo di un risparmio energetico, e quindi economico, che già di per sé costituirebbe un grande risultato: l’agricoltura potrebbe trarre grande giovamento dalla possibilità di portare avanti più a lungo e con meno difficoltà le coltivazioni in zone problematiche per via delle alte temperature o addirittura di iniziarla laddove oggi sarebbe impossibile.
[Nella foto (MIT), il test sul campo: a sinistra la temperatura misurata con uno strato del nuovo materiale, a destra senza]
Di Corrado Festa Bianchet