La cometa 2I/Borisov (nell’immagine NASA, ESA e D. Jewitt – UCLA) era precedentemente nota come C/2019 Q4, prima che gli astronomi si rendessero conto trattarsi di un oggetto proveniente da oltre il sistema solare: una cometa interstellare, quindi.
È solo il secondo corpo celeste con questa peculiarità a essere individuato: come noto, il primo fu l’asteroide 1I/’Oumuamua, in verità inizialmente ritenuto esso stesso una cometa.
1I deriva proprio da questo: Primo Interstellare. È quindi chiaro il motivo di 2I come denominazione per la cometa, accompagnata dal nome del suo scopritore, l’astronomo amatoriale ucraino Gennadiy Borisov, che la individuò con un telescopio autocostruito da 65 cm.
È prassi in astronomia che le comete prendano il nome del proprio scopritore mentre per oggetti come gli asteroidi è lo scopritore a decidere come battezzare il nuovo oggetto: Oamuamua è per esempio una parola hawaiana che può essere tradotta in “primo messaggero che giunge da un luogo lontano”.
Come Oamuamua, anche 2I/Borisov è destinata ad attraversare il sistema solare per non fare più ritorno, proprio a causa dell’orbita iperbolica che ci ha permesso di ipotizzarne la provenienza da un altro sistema stellare piuttosto che dalla Nube di Oort, una formazione sferica che circonda il Sole in cui si troverebbero milioni di comete.
Da dove arriva 21/Borisov? Non vi è modo di saperlo con certezza, ma un’ipotesi è costituita dal sistema binario Kruger 60, a 13 anni luce da noi. La cometa potrebbe essere stata catturata da un pianeta di quel sistema che l’avrebbe scagliata lontano grazie a quello stesso effetto fionda sfruttato dalle agenzie spaziali per permettere alle sonde di raggiungere più rapidamente e con bassi consumi i corpi celesti più lontani. Naturalmente in questi casi la traiettoria dei manufatti è accuratamente calcolata tanto che sonde come New Horizons o Rosetta hanno con incredibile puntualità raggiunto i propri obiettivi (Plutone e la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko) dopo dieci o più anni dal lancio dalla Terra.
A differenza di Oamuamua, 2I/Borisov non sembra presentare particolarità nella sua natura, ma anche questo è un dato di grande importanza per la ricerca scientifica: in effetti è suggestiva l’idea di aver individuato la prima acqua proveniente da un altro sistema solare.
2I/Borisov raggiungerà la massima vicinanza con il Sole il giorno 8 dicembre 2019, quando transiterà a due unità astronomiche (una unità astronomica, UA, corrisponde a 150 milioni di chilometri, la distanza che separa la Terra dal Sole) dalla nostra stella.
Sarà questo il periodo migliore per le analisi da parte dei ricercatori, vedremo se oltre alle conferme ci sarà anche qualche sorpresa.
Il 29 dicembre segnerà poi la distanza minima fra 2I/Borisov e il nostro pianeta, circa 1,9 UA.
Purtroppo non sarà visibile a occhio nudo: la magnitudine limite per poterlo fare è +6 mentre si prevede la cometa interstellare dovrebbe attestarsi intorno a un massimo di +15 (un valore più alto indica una luminosità inferiore); sarà quindi necessario, se si vuole provare a catturare (almeno con lo sguardo) il nostro ospite, dotarsi di un piccolo telescopio dotato di un’apertura di almeno 15 centimetri. Proprio il genere di strumento consigliato per le prime esperienze nell’astronomia amatoriale.
Lo stesso Gennadiy Borisov ne sa certamente qualcosa!
Di Corrado Festa Bianchet