Spesso aderire a dei gruppi determina un peso importante nella vita delle persone. Ma cosa significa appartenere davvero ad un gruppo? E quanto questa appartenenza dipende dalla percezione dei membri e di chi osserva il gruppo dall’esterno?
Secondo lo psicologo sociale Rupert Brown “un gruppo esiste quando due o più individui definiscono se stessi come membri e quando la sua esistenza è riconosciuta da almeno un’altra persona”.
Alla base della formazione dei gruppi starebbe infatti un processo definito come autocategorizzazione, secondo il quale noi scegliamo di appartenere a determinati gruppi piuttosto che ad altri perché in quei gruppi vediamo delle caratteristiche che troviamo in sintonia con il nostro modo di essere.
Secondo la Teoria dell’identità sociale di Tajfel, la definizione di ciò che è un gruppo e di cosa significa appartenervi include tre componenti:
- Cognitiva: la coscienza di fare parte di un gruppo con determinate caratteristiche.
- Valutativa: la nozione di gruppo e della propria appartenenza ad esso può avere una connotazione di valore positiva o negativa.
- Emotiva: gli aspetti cognitivi e valutativi dell’appartenenza di gruppo possono essere accompagnati da emozioni nei confronti del gruppo stesso e di chi intrattiene relazioni con esso.
Ma la capacità del soggetto di percepire un gruppo come tale dipende anche dalla capacità di percepire consciamente queste caratteristiche. E questo vale per i membri del gruppo come per gli esterni.
In psicologia sociale, con il termine entitatività si fa riferimento alla consapevolezza cognitiva di essere davanti ad un insieme di persone che può essere definito come gruppo. Per essere tale, il gruppo deve possedere delle caratteristiche salienti.
Secondo David Campbell esistono tre fattori che permettono agli altri individui di riconoscere un gruppo: uno di natura fisica, ovvero la prossimità (essere fisicamente vicini); uno di natura socio-culturale, ovvero la somiglianza (condividere lo stile di vita, i costumi, il linguaggio, ecc.); uno di natura psicologica, che viene definito come destino comune (condividere delle esperienze).
Più in generale, lo psicologo statunitense parla di entitatività percepita, intesa come il fenomeno per cui la percezione di un insieme di persone di essere membri di uno stesso gruppo dipende fondamentalmente dal modo in cui esse stanno in rapporto l’una con l’altra.
Ancora una volta, quindi, la percezione gioca un ruolo fondamentale nella capacità di percepire l’indentità di un gruppo. Se il gruppo è quello al quale apparteniamo, inoltre, inevitabilmente il risultato dell’entitatività influenzerà anche la percezione di noi stessi.
Questo perché la nostra identità e quella del gruppo entreranno inevitabilmente in contatto, determinando una sovrapposizione e una contaminazione tra l’idea che abbiamo di noi stessi e come percepiamo l’insieme di persone alle quali ci sentiamo legati.
di Daniele Sasso
3 thoughts on “Identità e entitatività: la percezione del gruppo e la consapevolezza di farne parte”