21 Novembre 2024
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Ricercatori russi e italiani ottengono un incremento nelle prestazioni dei pannelli solari di nuova generazione grazie a un nanomateriale.

La perovskite, un minerale di biossido di titanio di calcio, possiede qualità estremamente interessanti che già oggi la rendono l’elemento base per i pannelli fotovoltaici di nuova generazione, fra cui una semitrasparenza e la capacità di reagire a una più ampia gamma di frequenze luminose con conseguente maggiore capacità di convertire la luce in energia elettrica.
Non è l’unico vantaggio rispetto al silicio: i pannelli che sfruttano la perovskite sono flessibili e sottili nonché più semplici e meno costosi da produrre, in varie forme e fogge, tanto da poter essere stampati. I prodotti già in commercio e quelli allo studio coprono una vasta gamma di applicazioni che vanno dal pannello arrotolabile, utile per esempio durante le escursioni, a film con cui ricoprire le pareti esterne di un edificio.
L’efficienza è passata dal meno del 4% del 2009 al 25% attuale (a fronte del 26% delle celle in silicio).
Esiste però una controindicazione: la perovskite è instabile e soggetta a usura molto più del silicio, si deteriora con l’umidità e le sostanze tossiche derivanti dall’inquinamento atmosferico.
La collaborazione fra i ricercatori delle università MISiS (Mosca) e di Tor Vergata (Roma) porta oggi significativi miglioramenti nelle performance dei pannelli grazie all’ausilio del MXene, un materiale bidimensionale di recente produzione basato sul carburo di titanio, in grado di indurre una sorta di effetto dopante alla perovskite. Il MXene è stato via via introdotto fra i vari strati che compongono il pannello e si è scoperto la presenza del nuovo materiale fra tutti gli strati è la configurazione che dona maggiore efficienza ma anche stabilità al dispositivo. Da una base di efficienza del 16% delle celle in esame si è passati al 20%, senza l’ausilio di nessun altro processo di ottimizzazione.
Una peculiarità di questo studio rispetto a molte sperimentazioni analoghe è che i ricercatori sono in grado di descrivere esattamente le ragioni di questo comportamento, da un punto di vista fisico e chimico. Il nanomateriale possiede un grande potenziale in prospettiva di una produzione su larga scala e i ricercatori italiani e russi sono già al lavoro al fine di ottimizzarne ulteriormente l’uso in campo fotovoltaico, incrementando stabilità ed efficienza.

Di Corrado Festa Bianchet

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