“Il grafene” come risposta è secondo per popolarità solo al “42” ispirato alla Guida Galattica per Autostoppisti.
Comprensibile, poiché questo derivato della grafite che troviamo nella mina della comune matita, realizzato nel 2004 dai fisici Andrej Gejm e Konstantin Novosëlov dell’Università di Manchester (premiati con il Nobel per le loro ricerche), è davvero dotato di proprietà straordinarie.
Il grafene è una struttura reticolare formata da singoli atomi di carbonio, quindi sottilissima e leggera ma allo stesso tempo incredibilmente resistente, dieci volte più dell’acciaio.
Su larga scala uno dei suoi impieghi più affascinanti è costituito dalle vele solari, spostate dal reame della fantascienza a quello di una realistica ricerca scientifica che potrebbe rivoluzionare i viaggi nello spazio nel prossimo futuro.
Ma fin dall’inizio era chiaro questo supermateriale avrebbe avuto innovative applicazioni anche nella vita di tutti i giorni, a partire dalla creazione di transistor più piccoli ed efficienti di quelli che troviamo nei microprocessori basati sul silicio, ormai prossimi al raggiungimento dei limiti fisici di questa tecnologia.
Va in questa direzione una nuova scoperta realizzata presso la Rutgers University – New Brunswick, nel New Jersey, i cui risultati sono apparsi su Nature.
Sovrapponendo due griglie leggermente disallineate si ottiene il cosiddetto effetto moiré, schema noto per le sue applicazioni pratiche nell’ambito tessile, nella stampa e nell’arte ma anche da secoli oggetto di studi in matematica e in fisica.
A seconda dell’angolazione, si è scoperto, il flusso di elettroni fatto circolare in questi due “fogli” di grafene inizia a rallentare fin quasi a fermarsi quando si raggiunge un angolo di torsione ben preciso, 1,1 gradi.
A questo punto essi cominciano a interagire con gli altri elettroni nelle immediate vicinanze formando delle vere e proprie file ordinate per poi mettersi in marcia come soldatini, attribuendo ai due fogli sovrapposti di grafene straordinarie capacità superconduttive e magnetiche.
La tecnica sviluppata presso la Rutger University potrebbe portare a una rivoluzione: un materiale superconduttore in grado di operare a temperatura ambiente.
La superconduttività fu scoperta nel 1911 nel mercurio, che portato a temperature prossime allo zero assoluto, -273 centigradi, permette agli elettroni di circolare senza alcuna resistenza.
Da allora allora tale caratteristica è stata individuata in una trentina di materiali e si è arrivati a poter operare a temperature dell’ordine di -140 centigradi. Questi materiali sono definiti superconduttori ad alta temperatura, dove “alta” è ovviamente in rapporto allo zero assoluto di partenza.
Poter disporre di materiali superconduttivi a temperatura ambiente sarebbe una rivoluzione poiché implicherebbe passi da gigante nell’efficienza e nella capacità di calcolo dei microprocessori riducendo nel contempo in modo drastico il consumo di energia.
La scoperta potrebbe inoltre avere importanti ricadute in campo medico, per esempio nello sviluppo di più precisi e meno invasivi apparecchi per la risonanza magnetica.
Fra la numerose applicazioni già prossime alla pratica vi sono anche batterie basate sul grafene in grado di decuplicare l’autonomia dei dispositivi che ne beneficeranno e ricaricabili in una frazione del tempo rispetto alle batterie in uso attualmente.
Mettendo insieme tutte queste innovazioni si comprende quanto appaia niente affatto azzardata l’espressione materiale delle meraviglie riferita al grafene.
[Nella foto (Eva Andrei/Rutgers University-New Brunswick) lo schema moiré ottenuto sovrapponendo due strati di grafene]
Di Corrado Festa Bianchet
1 thought on “Grafene: nuova scoperta apre la via verso superconduttori a temperatura ambiente”