21 Novembre 2024
milgram-obbedienza

Più di una volta la psicologia ha provato ad approfondire le motivazioni che spingono l’uomo ad obbedire di fronte all’autorità. Tra gli esperimenti più famosi che hanno indagato questa tendenza umana c’è sicuramente quello di Stanley Milgram del 1961.

Lo sfondo sul quale lo studio si basava era ovviamente quello delle persecuzioni naziste che tra il 1933 e il 1945 videro la morte di più di 15 milioni di persone. Una follia collettiva che aveva alle spalle il volere di pochi (Adolf Hitler e alcuni dei suoi più fedeli gerarchi), ma che di fatto passò dalle mani di innumerevoli soldati del Reich.

Per molto tempo ci si è chiesti quale fosse la responsabilità degli uomini che eseguivano quelle spregevoli direttive, e di conseguenza come l’autorità potesse portare il singolo a perdere di vista la propria morale e la propria empatia in virtù dei cosiddetti “ordini dall’alto”.

Anche se appare riduttivo spiegare un fenomeno complesso e abominevole come l’Olocausto attraverso un esperimento di psicologia sociale, lo studio condotto da Milgram è riuscito a mettere in luce la tendenza dell’uomo a farsi guidare dall’obbedienza a scapito dei suoi simili.

I partecipanti, reclutati tramite posta e annunci sul giornale, avrebbero dovuto collaborare a quello che veniva definito come uno studio sull’apprendimento. Lo sperimentatore fingeva di essere un professore di biologia con tanto di camice, mentre l’uomo che avrebbe ricevuto le scosse (che ovviamente non venivano inflitte davvero) faceva finta di essere un partecipante come tutti gli altri.

I ruoli venivano scelti “casualmente”. Il soggetto si trovava nella condizione in cui sarebbe potuto diventare l’insegnante (colui che infliggeva le scosse) o l’alunno (colui che le riceveva). Ovviamente la selezione era truccata, e il soggetto veniva sempre sorteggiato come insegnante.

Il soggetto ignaro quindi veniva posto in una situazione nella quale lo sperimentatore gli chiedeva di infliggere scosse elettriche con voltaggio sempre più alto all’alunno (che si trovava in un’altra stanza) quando questi sbagliava. Il punteggio finale dipendeva dal momento in cui il soggetto si rifiutava di proseguire: un vero e proprio atto di disobbedienza che determinava la conclusione del test.

Alla fine, su 40 partecipanti, 26 persone arrivavano a somministrare scosse che toccavano i 450 volt, dimostrando un’obbedienza abbastanza netta nei confronti della fonte autorevole che chiedeva loro di continuare nell’esperimento. Questo dato appariva ancor più clamoroso se si pensa che non era prevista nessuna punizione in caso di disobbedienza.

Il paradigma, ripetuto più volte negli anni, è stato modificato e rielaborato in diversi modi. Questo per comprendere quali fossero quegli elementi in grado di determinare le possibilità che gli individui continuassero a far soffrire un altro essere umano. Per esempio, la presenza dell’alunno che riceveva le scosse nella stessa stanza del soggetto riduceva di molto la possibilità che quest’ultimo proseguisse nel compito.

Quella che più di tutti appare come una certezza è la capacità di una fonte autorevole di influenzare il giudizio degli altri. Nelle interviste successive ai test, i soggetti che avevano somministrato le scosse ridevano nervosamente, sudavano e tremavano, ma confermavano di essere stati consapevoli del male inflitto ai loro simili.

di Daniele Sasso

3 thoughts on “Scosse elettriche e obbedienza: l’esperimento di Milgram che spiegò come l’uomo cede davanti all’autorità

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