Mani, il dio norreno che guida il carro della Luna per punizione
Mani, il dio norreno della luna, è il più sfortunato tra i numi lunari visti finora: a lui fu affidata la guida del carro della luna non come privilegio, bensì come punizione.
Mani infatti era fratello di Sol, la dea del sole e, come lei, era bello e gentile.
Un giorno loro padre, che nella Edda viene indicato con il nome di Mundilfoeri, decise di dare Sol in sposa ad un uomo di nome Glenr, ma quella decisione fece infuriare gli dei (anche se nel poema non è riportato il motivo).
Gli dei misero di punto in bianco Sol alla guida del carro del sole e Mani alla guida del carro della luna.
Come se già questo non bastasse, i due fratelli, durante il loro percorso, venivano inseguiti da due lupi, che cercavano in tutti i modi di divorarli.
7.Artemide e Selene, le due facce della luna nell’antica Grecia
Anche nell’antica Grecia, come nell’antico Egitto, erano presenti numerose divinità lunari, ciascuna delle quali rappresentava una fase della luna, ma le due dee della luna più famose erano senza dubbio Artemide e Selene.
Artemide, sorella di Apollo, era la dea della luna crescente, ma anche della caccia, nonché protettrice della verginità e del pudore.
Secondo uno dei miti più famosi che la riguardano, prima che sua madre Leto, perseguitata da Pitone, il serpente mandato dalla gelosissima Era, giungesse a Delo, Artemide nacque nell’isola di Ortigia (dove oggi si trova il centro storico di Siracusa).
Artemide, come Estia e Atena, scelse di rimanere vergine e, come quest’ultime, non amava in modo eccessivo la compagnia maschile (anzi, Atteone, solo perché l’aveva vista senza vestiti, venne trasformato in cervo e sbranato dai cani della dea).
Selene invece, al contrario di Artemide, non solo era bella e splendente, ma anche se aveva avuto numerosi amanti (tra cui Zeus e Pan), si innamorò perdutamente di Endimione, un giovane e bellissimo re dell’Elide da cui ebbe ben cinquanta figli.
Secondo uno dei miti che li riguardano Selene, spaventata all’idea che il suo amante mortale un giorno dovesse morire, non solo gli regalò l’eterna giovinezza, ma gli concesse di dormire eternamente con gli occhi aperti, di modo che potesse sfuggire al trascorrere del tempo e, nello stesso tempo, contemplarla mentre si recava da lui.
Di Francesca Orelli