E’ deceduto a Roma Luciano De Crescenzo, dove era ricoverato da alcuni giorni per una grave polmonite. A 90 anni ci lascia un artista poliedrico, in grado di affiancare ad una cultura eccezionale l’ironia e l’arguzia tipica del popolo napoletano. Il giorno dopo la morte di Andrea Camilleri scompare un altro pezzo di quell’Italia che ha contribuito a far conoscere ai più giovani e non solo la storia, l’arte e la filosofia.
Nato il 20 agosto 1928 a Napoli nel borgo di Santa Lucia, nella stessa via e palazzo in cui era nato anche il suo amico Carlo Pedersoli, in arte Bud Spencer, De Crescenzo lavorava inizialmente come ingegnere.
Lasciato il suo lavoro all’IBM a causa della sua passione per la divulgazione, De Crescenzo apre la sua carriera da scrittore nel 1977 con Così parlo Bellavista. Il suo primo romanzo con protagonista il professor Bellavista diventa un bestseller che supera le 600 mila copie.
Emblematico fu il suo intervento al Maurizio Costanzo Show, dove con un clamoroso “referendum” televisivo chiese: «È meglio che faccio lo scrittore o che torno a fare l’ingegnere?». La risposta la diedero i lettori e il proseguimento di una carriera straordinaria.
De Crescenzo ha pubblicato più di cinquanta libri, con quasi 20 milioni di copie vendute nel mondo. I suoi scritti sono stati tradotti in 19 lingue e diffusi in 25 Paesi.
Tra i suoi titoli più noti figurano Oi dialogoi (1985), Vita di Luciano De Crescenzo scritta da lui medesimo (1989), La storia della filosofia greca (1983 e 1986), Fosse ’a Madonna! (2012) e Garibaldi era comunista (2013).
Tra i suoi lavori per il cinema, oltre alla trasposizione della sua prima opera letteraria, rimangono gli indimenticabili cult come 32 dicembre, Croce e delizia e Sabato, domenica e lunedì di Lina Wertmüller, in cui recitò al fianco di Sophia Loren.
De Crescenzo ha rappresentato un punto di riferimento per diverse generazioni, riuscendo a portare nelle case della sua Napoli e del resto del mondo quel sapere che lui stesso non ha mai preso troppo sul serio, affrontandolo con l’umiltà di un “ingegnere filosofo” che viveva per trasmettere agli altri il proprio sapere.
Un modo di fare, quello di Luciano De Crescenzo, che gli ha consentito negli anni di beneficiare dell’affetto incondizionato dei suoi lettori, e alle volte dell’antipatia e l’invidia di alcuni accademici che non apprezzavano una divulgazione che potesse toccare le menti di chiunque, e che alla fine invece ne ha pervaso anche i cuori.
di Daniele Sasso